
EDITORIALE - Una parte della mia adolescenza l’ho vissuta al quartiere Cristo di Alessandria. Molti pomeriggi li ho passati al Punto D, un bel centro di aggregazione giovanile pieno di gente e di operatori simpatici. Era l’Italia di una 20ina di anni fa, quando le casse pubbliche potevano permettersi di mantenere e gestire luoghi del genere, di organizzare attività e costruire rapporti fruttuosi con tutto il contesto dei quartieri. E’ un tempo che non torna più. Seppur tra i più piccolini, proprio quel Punto D è nella lista dei luoghi “lasciati indietro” nel corso degli anni e che ora stanno faticosamente cercando di ritrovare l’antica centralità nei quartieri e nella città. Ci mancano quei posti, quel considerare uno spazio pubblico come un’estensione del salotto o della cucina di casa. Ci mancano anche quelli che non sono mai entrati a far parte della vita delle generazioni di oggi (Valfrè, Cittadella, forti vari…). Questa settimana il giornale parla di alcuni di quegli edifici e sono sicuro che molti di voi li legheranno a ricordi felici o a grandi aspettative. Le soluzioni amministrative esistono e possono essere messe in atto ma pensare che debbano essere solo le amministrazioni pubbliche a farsi venire in mente qualche idea brillante per ripopolarli è sbagliato. Esistono già molti casi in Italia di spazi che hanno ripreso una funzione utile alla collettività (commerciale o socio-culturale) e molti di questi hanno preso anima da cittadini e associazioni. Tornare belli e utili si può … ed è ora di dare il via all’immaginazione.
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